Il ricordo del silenzio
Porcia, 13 Aprile 2020
In questi giorni l’umanità sta forse vivendo la più grande sfida dell’era moderna.
Nel corso della storia, innumerevoli sono state le occasioni in cui l’uomo si è trovato ad affrontare emergenze o calamità di vario tipo. Terremoti, tsunami, pesti, pandemie, sono tutte parole che in quest’epoca associamo solitamente ad un ricordo passato, ad un’altra epoca o a eventi geograficamente lontani e circoscritti.
La tecnica attuale, l’industria farmaceutica, Internet ci hanno in qualche modo dato una sorta di sicurezza, di immunità a quegli eventi che possano mettere in discussione la nostra sopravvivenza come specie.
Nonostante questa sicurezza, ci sono degli indizi che fanno pensare al fatto che nel profondo, a livello di umanità, un dubbio, una paura nascosta, una voce di allarme, si celi dentro di noi.
La filmografia Hollywoodiana, negli ultimi 30-40 anni, ha prodotto moltissimi film che vedono l’umanità intera coinvolta in qualche sorta di estinzione di massa o pandemia dando modo a questa voce di esprimersi.
Tuttavia, immersi nel caos delle nostre frenetiche vite, il tempo che dedichiamo a questi temi si esaurisce alla fine della visione di questi film.
Oggi ci troviamo nell’intimità delle nostre case, costretti a rallentare il nostro tempo e vivere in una dimensione per molti di noi del tutto nuova. Un minuscolo virus, invisibile e sconosciuto, sconvolge totalmente la piramide delle nostre priorità, tanto che le piccole cose a cui prima davamo tanta importanza, oggi assumono un significato totalmente diverso e lontano.
Quella che stiamo vivendo non sarà una dimensione eterna e prima o poi torneremo ad una condizione di vita tranquilla, ma cosa ci resterà di questa esperienza collettiva, cosa sarà importante ricordare?
Come primo elemento, possiamo notare come in questi giorni, provando ad alzare gli occhi al cielo, si può godere della visione di un cielo diverso rispetto al solito, che chi è giovane come chi scrive, a mala pena ricorda come parte di un passato lontano.
Se non abbiamo certezze sul fatto che siano dannose per il clima o per la salute dell’uomo, di certo le scie degli aerei rendono la trama del cielo in qualche modo artificiale, una trama fitta di linee rette che si intrecciano come in un tessuto.
Le nuvole che invece solcano indisturbate i cieli di oggi ci riportano ad uno stato di naturalezza delle cose, ad una forma d’arte non artificiosa, naturale, armoniosa, come solo il vento sa scolpire.
E alzare oggi gli occhi al cielo riporta il nostro animo ad un senso di armoniosa pace, un naturale senso di relax, di natura, di gioia.
Questa sensazione di benessere possiamo poi estenderla portando presenza dagli occhi alle nostre orecchie.
Se portiamo attenzione a ciò che sentiamo, il silenzio di questi giorni è talmente diverso rispetto ai rumori di prima che possiamo dire che quando si sente un’automobile passare, cosa che accade assai di rado in questi giorni, la sensazione che si manifesta in noi può essere associata ad un fastidio, talmente alto è il rumore che questo mezzo genera rispetto al silenzio in cui ci troviamo.
Personalmente, prima d’ora sentivo questa sensazione quando, nelle lunghe escursioni in montagna, una volta raggiunta la cima, la quiete del luogo veniva disturbata dal rumore assordante di un aereo da caccia o dal rumore trasportato da una folata di vento di qualche camion che correva in qualche autostrada molte centinaia di metri più in basso.
Oggi, ascoltando con presenza, si sentono il dolce canto degli uccelli, il leggero fruscio delle fronde degli alberi spostati dal vento, il chiacchierio nascosto delle famiglie chiuse nelle loro dimore e l’abbaiare dei cani stimolati dal passaggio dei pochi che si avventurano per le strade con lo scopo di far espletare i bisogni al proprio animale da compagnia.
Ci ricorderemo di tutto questo quando gli aerei e il traffico delle auto e dei camion sovrasteranno nuovamente il silenzio della tranquillità odierna e ordiranno nuove trame nel cielo?
Oppure ci darà così tanto fastidio il ritorno di tanto rumore da spingerci a trovare un nuovo equilibrio tra modernità e tranquillità, che ci sproni magari a muoverci di meno, ad evitare spostamenti inutili di merci, ad utilizzare di più mezzi meno inquinanti, come ad esempio la bicicletta o una qualche forma di mobilità elettrica?
Mio nonno, ultranovantenne, già molti anni fa aveva una targhetta sulla sella della bicicletta che usava per andare nei campi. La targhetta, un semplice cartone mal sagomato e appeso tramite due sottili fili di ferro arrugginiti, recava queste parole, scritte con un pennarello nero a punta grossa:
“La bici non incuina”
Forse l’italiano non è perfetto, ma la saggezza di questo cartello più che mai si adatta a questo momento. E credo proprio che appena sarà possibile, anche la mia di bicicletta porterà lo stesso identico messaggio.
La Natura non ci è nemica, ci sta insegnando qualcosa, qualcosa che i vecchi Maestri già conoscono, sta a noi ora ascoltare il messaggio.
E non dimenticare.
Meraviglioso pensiero che fa riflettere se ci si ferma ad ascoltare ! Grazie Andrea